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Da
nove lunghi anni la nostra famiglia chiede giustizia per la morte di
Giuseppe, una giustizia che ha seguito fin qui un corso poco chiaro e
molto tortuoso.
Nel processo c’è
stata una buona relazione tecnica, che ha delineato una accettabile
dinamica dell’incidente
nel quale il nostro caro ha perso la vita, ma siamo ancora in attesa che
una sentenza dia fine all’incertezza e all’attesa: che per sapere
come è morto un figlio sulla strada e chi ne abbia colpa debbano
passare più di nove anni sembra incredibile nell’epoca dei computer e
dei viaggi in orbita: non auguriamo a nessuno di aggiungere questo senso
di impotenza al dolore incredibile della perdita.
E’
dal 23 maggio 92 che non abbiamo pace, da quando sulla A4si è consumata
la tragedia: un autoarticolato a forte velocità ha travolto l’auto
guidata da Giuseppe, uccidendo immediatamente lui e un altro sventurato
e provocando il ferimento, anche grave, di altri malcapitati; in pochi
istanti quel tratto di autostrada si è trasformato in un vero e proprio
inferno, in pochi istanti si è aperta dinanzi a noi la via lunga e
dolorosa del lutto e della disperazione.
Dire
che Giuseppe era un ragazzo solare e spontaneo è dire poco: dava agli
amici la sua gioia, la sua fiducia nella vita, il suo senso del lavoro,
l’altruismo e la disponibilità che caratterizzavano i suoi rapporti
personali e sociali: è così che lo ricorda chi lo ha conosciuto, perché
era davvero così, un giovane valido e buono.
Rivediamo
ancora, chiudendo gli occhi, il suo sguardo e il suo sorriso; allora
sappiamo che è ancora con noi; ed è questo il solo vero conforto che
oggi ci resta.
mamma Lucia, papà Vincenzo, i
fratelli Maurizio e Marco, la fidanzata Emiliana
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