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Il pensiero che quando fu scagliata contro la morte avesse qualche secondo (troppo) di coscienza per quello che
sarebbe successo ci punge il cuore.
Ci pare di essere lì, in quell'abitacolo di latta, e vediamo il suo volto impietrito e cinereo. Potremmo augurarci
che il terrore le avesse fermato il cuore prima dell'impatto, ma sappiamo che il cervello muore sempre qualche manciata
di secondi dopo. E poi ci hanno detto che urlò agli altri quattro: "Ma che siete impazziti? Io voglio tornare nella
mia casa!". Era una bambina, Vania; una decina di mesi più di 17 anni.
Era mite, amorosa e fiduciosa. Dopo quindici giorni avrebbe cominciato a frequentare la V commerciale.
E invece il suo piccolo mondo e il "grande" mondo dei grandi l'hanno tradita. Speriamo che non veda,
altrimenti le verrebbe confermato che agli altri non importa niente della vita degli altri e che la
considerano come un bisusato straccio di officina.
Dodici chilometri, da Marina a Grosseto; loro ne avevano già fatti 11, ma la velocità aveva incancrenito
il cervello di quello che guidava: 3 morti, tra cui la di lui sorella. Oltre 180 km all'ora (come da perizia),
con una piccola macchina a esagerare le prestazioni della quale i costruttori non sono bravi, ma colpevoli.
Quello che guidava si è salvato, forse perchè si consumi nel rimorso, direbbero i benpensanti; e invece se
ne sta bello coccolato da amici e parenti con un graffiettino di spina di rosa che gli ha fatto la giustizia,
che nella pluriennale attesa dei suoi ingiustificati comodi (per ora 5 anni) non gli ha levato nemmeno la patente.
Non c'era bisogno di rimandare otto volte il processo penale (e quindi rinnovarci la vertigine del dolore)
per poi in meno di cinque minuti concedere il patteggiamento, con testimoni sempre fatti venire da mezza
Italia e sempre rimandati. Ora è cominciato quello civile, ma nessuno sa dirci se può essere chiamato tale.
"Stanotte ho sognato gocce di sangue sull'asfalto, e l'erba schiacciata della banchina che odorava di muffa":
lo abbiamo scoperto in un diario tenuto da Vania e abbiamo capito che quelle erano lacrime.
i genitori e la sorella di Vania Ginanneschi
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