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E’ avvenuto il 9 dicembre del 1988:
l’auto guidata da un ragazzo di 18 anni, anche lui di Rotondella, non
si è fermata allo stop dell’incrocio che dalla provinciale immette
sulla consortile di Macchiarella, ed
ha centrato in pieno quella di Giovanni Manolio che percorreva
quest’ultima strada regolarmente sulla sua destra.
L’impatto
è stato violentissimo; l’investito è stato trasportato
all’ospedale di Policoro e poi, per la gravità del suo stato, nel
reparto rianimazione di quello di Matera, dove è morto, il 17 dicembre,
dopo 8 giorni di agonia.
Giovanni
Manolio era mio padre: io avevo allora 12 anni, mia sorella Rosa 17.
Sono seguiti giorni e mesi di dolore disperato per
nostra madre e per noi, lunghi periodi di difficoltà di ogni genere,
soprattutto la mancanza di una guida ferma e dolce in tutti gli anni a
venire.
In realtà non
esiste condanna penale o risarcimento che possa sostituire la figura
paterna.
Ricordo,
ricordiamo ancora il suo sorriso, il suo sguardo confortante, la sua
voglia di vivere e la grande capacità di prendere con coraggio la vita:
qualità che non gli sono bastate di fronte all’incoscienza omicida di
un giovane poco più grande di noi.
Non so come si
possa continuare tranquillamente a vivere, dopo avere ucciso per
propria esclusiva colpa un padre di famiglia; e vedere quel ragazzo,
ormai uomo, guidare tranquillamente la sua auto nella piccolo centro nel
quale viviamo, rinnova ogni
giorno il dolore e il peso della perdita incolmabile che ci ha
provocato.
Alberto
Manolio
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