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Che dire di Jenifer?
Una ragazza molto intelligente, generosa, con moltissimi amici,
cordiale e gentile con tutti, allegra e sicura di sé; le piaceva
viaggiare, ma teneva alla scuola, era alla quarta ragioneria e un giorno
disse “mamma, non avrò un ragazzo se prima non ho un diploma”.
Di
giorno ci aiutava, siamo piccoli artigiani, di sera andava a una scuola
serale statale a Montichiari: in bicicletta lungo i 900 metri che
separano la nostra abitazione dal centro del paese, poi in auto con una
sua amica.
Erano le
18,30, era partita da poco, squillò il telefono e mio marito mi disse
“sono i carabinieri, è successo qualcosa a Jenifer”; corremmo al
pronto soccorso del paese ma la stavano già portando a Brescia; là è
tutto pronto, 3 ore di operazione alla testa, alla fine esce il
primario: “è gravissima, in coma”: ha lottato
9 giorni senza mai riprendere conoscenza, non ce l’ha fatta.
Del
nostro strazio è inutile dire; abbiamo saputo che era stata tamponata
da dietro mentre andava in bici, il faro dell’auto le ha fratturato il
bacino, nel successivo scivolamento sul cofano e a terra si è
fratturata ancora gamba, braccio, avambraccio, spalla e testa.
Sono
passati tanti anni ma ti chiedo ancora perdono perché non ho saputo
difenderti quando al processo ti hanno ucciso la seconda volta; hanno
detto che uscivi da una strada secondaria e non era vero, avrei voluto
gridarlo mentre mi portavano fuori dall’aula, urlare tutto il dolore e
la rabbia che avevo dentro.
Eri un
fiore stupendo, ci sei stata portata via all’improvviso, hai lasciato
un vuoto incolmabile per sempre.
Ciao Jenifer.
la
mamma Anna Volpi
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