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Nostro
padre è morto una sera d’inverno all’età di 66 anni, investito da
un’auto in un centro urbano mentre finiva di attraversare.
Continuiamo a
pensare al dramma della sua vita spezzata su una strada, senza il
conforto di sua moglie e dei suoi cari in un momento di infinito dolore,
come deve essere l’attimo in cui senti la vita abbandonarti.
La sua è
stata una morte violenta, drammatica e indegna.
Proprio perché
indegna sentiamo il bisogno di denunciare l’inesistente senso civico
di chi l’ha ucciso.
L’automobilista
è una maestra che insegna ai nostri figli
il senso di responsabilità per le proprie azioni; questa stessa
maestra, sostenuta da un “sistema” indifferente alla morte di un
sessantenne, si è ben guardata dall’ammettere il suo fatale errore,
confidando nell’inadeguatezza della giustizia italiana le cui
disfunzioni, già note a tutti, sono state condannate diecine di volte
dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.
In questi
lunghi anni di dolore abbiamo anche dovuto subire la beffa di un
apparato giudiziario e assicurativo del tutto incerto ed ostile: unico
sostegno concreto, legale e morale, da questa Associazione, grazie alla
quale abbiamo quasi completamente definito questo aspetto.
Nostro padre
era per noi suoi figli, come per sua moglie, i suoi fratelli e i suoi
numerosi amici, un esempio di correttezza e di fermezza morale. I suoi
giovanissimi nipoti hanno perso un saggio e simpatico nonno. Sua madre
il suo primo figlio.
Noi non
vogliamo che lui resti solo nella nostra memoria e nel nostro cuore.
Vogliamo
perseguire un obiettivo comune di certezza della giustizia e di
diffusione sociale del valore della vita.
I figli Elvira, Alessandra, Rosalba e Marco
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