|
Quando ti muore un figlio muori con lui, la rabbia ti porta ad
odiare tutti, sei solo al mondo col tuo dolore ed è un dolore senza fine,
un’angoscia inesprimibile, e sai che non passerà mai e che nessuno ti
potrà mai aiutare.
E soffri non solo perché ti manca nella vita di
tutti i giorni, ma per tutte le speranze, i progetti e le aspettative che
tuo figlio non realizzerà mai, perché continui a vivere e senti di non
meritarlo, perché
sai di averlo tradito, lo
avevi preparato alla vita e la vita l’ha ucciso.
Martina
aveva 18 anni, frequentava con profitto il quinto anno del liceo
scientifico, era una ragazza bellissima, buona, solare, allegra, con due
grandi passioni, la lettura e la musica; avrebbe fatto la giornalista,
avrebbe continuato a suonare la chitarra elettrica col suo gruppo
epic-metal che, ironia del destino, avevano chiamato “gli yeratel”:
ora è diventata un angelo vero, magari suona lassù la sua chitarra,
bianca come la sua bara, insieme ai cherubini.
Sono usciti in quattro, per una pizza,
quel maledetto sabato sera, scendevano sulla strada provinciale per
Marina di Ragusa con un’utilitaria; una diciottenne fresca di patente
alla guida di un’auto di grossa cilindrata che viaggiava nella corsia
opposta ne ha perduto il controllo, forse a causa dell’alta velocità,
la macchina è piombata su quella nella quale viaggiava Martina, che è
morta sul colpo.
Sulla stessa provinciale hanno già perso la vita
parecchie persone e chi sa quanti altri vi moriranno se
l’amministrazione non si decide a sistemarla.
E’ passato più di un anno e io e mio marito
non sappiamo e non vogliamo sapere niente del processo, non vogliamo
aggiungere ansia al dolore, la beffa al danno; ci dicono che quella
ragazza se la caverà con una condanna a qualche mese, che peraltro non
sconterà, che dunque l’uccisione di nostra figlia non sarà punita:
come potremmo avere fiducia nella giustizia?
Abbiamo voluto chiudere immediatamente la
questione risarcimento, è stato davvero straziante monetizzare il sangue
di Martina, capire quanto poco valgono, per la nostra società, una
giovane vita finita tra le lamiere contorte e una famiglia
distrutta dal dolore!
Maria
Pizzo
|