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A 16 anni, se qualcuno gli avesse chiesto come si sarebbe definito, Fabio avrebbe risposto "un ciclista";
certo, aveva altri interessi, frequentava con profitto il terzo anno di ragioneria, era profondamente
legato al padre Vittorio, alla madre Carla, alla sorella maggiore Tiziana: ma il ciclismo era la sua passione.
E del ciclismo romagnolo era una sicura promessa: aveva cominciato a correre nel 94 con l'Unione ciclistica Russi,
prima da esordiente poi da allievo, vincendo più volte; dal 97 era passato alla ciclistica Faentina mettendosi ancora
una volta in luce per le sue doti non solo atletiche e tecniche ma prima ancora umane: serio anche se sempre
sorridente, corretto e leale nella vita e nello sport, capace di grande autodisciplina, sono solo alcuni dei
giudizi dati su di lui dai suoi amici e dai suoi allenatori.
E' finito tutto nel primo pomeriggio del 10 gennaio 98 quando Fabio, in allenamento sulla provinciale Naviglio,
fu investito da una Mercedes SL 300; l'urto fu talmente violento da spezzare in due la bici e Fabio,
sfondato il parabrezza e proiettato a venti metri di distanza, morì sul colpo, ridotto in condizioni
talmente pietose da non potere essere visto dai suoi cari neppure l'ultima volta nella bara.
Per onorarne la memoria il Comune di Russi ha intitolato al suo nome il palazzetto dello sport, divenuto dunque
il "PalaValli", considerando questo "il modo più adeguato per fare memoria di come comportarsi nella vita e nello
sport"; e, ancora, un precedente Gran Premio è divenuto dal 1998 un ''memorial Fabio Valli"; no,
questo non può colmare il vuoto lasciato dalla sua scomparsa nella famiglia e in tutti quelli che lo conoscevano;
ma è bello sapere che il suo ricordo può servire da esempio e da sprone a tanti "bravi ragazzi" come lui.
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