OGGETTO: CI CALPESTANO GIORNO DOPO GIORNO, E NOI RESTIAMO IN SILENZIO! Ricordo ancora le parole dette da Pina in un congresso tenutosi a Roma nel Febbraio scorso: " ....e il giudice mi disse: "Signora, il morto è morto. Pensiamo ai vivi." Ho meditato tanto prima di decidermi a scrivere questa lettera, e sono stata tentata più volte di restare in silenzio, a bollire nel mio brodo. Ma tacere avrebbe solo contribuito a farmi arrabbiare ancora di più. Ho perso mio fratello Alessandro in un incidente stradale avvenuto nel Febbraio 2005. Dopo 2 anni e 3 mesi e 3 rinvii, il 31/05/07 abbiamo finalmente avuto l’udienza preliminare. Ci hanno fatto entrare in una stanza con fascicoli e fogli sparsi ovunque. Tre sedie, una per il mio avvocato, una per l’avvocato dei miei genitori e l’altra per il difensore dell’imputato. Io, mio padre e mia madre siamo rimasti in piedi per tutta la durata dell’udienza. Inizia a parlare il mio avvocato, e nel momento in cui viene proposta la costituzione di parte civile dell’AIFVS, tutto il procedimento prende una brutta piega. Il giudice ascolta con aria di sufficienza mentre il P.M inizia a scuotere platealmente la testa e prosegue per diverso tempo in questo teatrino deplorevole e meschino: soffia, sbuffa, alza gli occhi al cielo , scuote le mani volendo far capire che non ne può più di ascoltare. Ma il giudice non è da meno. Tenta di tenere un atteggiamento più contenuto, ma è vistosamente infastidito da tutte quelle parole che sicuramente ritiene offensive della sua autorità. Lo vedo, sta per scoppiare! E poi boom! Ecco il botto: " Ora basta. Tutti questi esempi sono per me inutili. Io sono qui per decidere se ci sono i presupposti per accettare la vostra richiesta. Il fatto che altri tribunali l’abbiano accettata non mi importa niente. Qui sono io che decido. E decido che questi presupposti non ci sono. La richiesta è respinta!" . L’avvocato prova ad andare avanti cercando di riparare il riparabile, ma ormai è tardi. Il giudice inviperito e offeso, intima all’avvocato di tacere e di restare in silenzio fino a che LUI non gli darà di nuovo la parola. Aggiunge che è stato fin troppo comprensivo visto che lo ha lasciato parlare solo per rispetto dei familiari presenti.(Rispetto?) L’avvocato si mette seduto in silenzio, ed inizia la cosa più offensiva, ingiusta ed iniqua a cui abbia mai assistito. La P.M. chiama il difensore dell’imputato, educatamente e con un sorriso. Lo invita a sedersi accanto a lei e dice: P.M.: " Mi dica, cosa vuole?" Avv.Dif.: " Ma.....non so….cosa posso chiedere?" P.M.: " E’ lei che mi deve dire cosa vuole. Andiamo.....mi faccia una proposta...!" Avv.Dif. (quasi in imbarazzo): " ....ma .....vista la gravità del caso (l’imputato che ha causato l’incidente stava guidando alle 7,30 di mattina sotto l’effetto di stupefacenti)...non chiederò le attenuanti generiche (era censurato e tra le diverse condanne ce ne erano 2 correlate all’uso di stupefacenti). C’è comunque da dire a sua discolpa che non ha invaso la corsia opposta completamente....(una testimone che lo seguiva con la sua auto da diversi chilometri, ha dichiarato che l’imputato procedeva a zig zag su un raccordo autostradale, accelerando e decelerando bruscamente, dando l’impressione che si stesse addormentando, tanto che lei ha provato più volte a richiamare la sua attenzione con il clacson. Dopo l’incidente, l’imputato dichiarerà che si era distratto perché gli era caduto il cellulare dal sedile e si era abbassato per raccoglierlo. Quando si è rialzato si è trovato nella corsia opposta, con di fronte un camion che rimorchiava un ruspa per il movimento terra, e non ha potuto evitare l’impatto. Il camion senza più controllo, ha invaso la corsia opposta, scontrandosi con l’auto di mio fratello, trascinandolo e schiacciandolo contro un muretto di cemento armato. Le forze dell’ordine intervenute testimoniano che il giovane era in evidente stato confusionale). P.M. e Giudice: " Ok. Guardiamo un po’...(sfogliano quel libretto dove presuppongo ci siano le TABELLINE con le quali fanno il conto della pena). Partiamo da 2 anni e 3 mesi. Poi togliamo questo, poi dimezziamo quello....Ok. Fanno 1 anno e 9 mesi. Poi c’è la pena pecuniaria....partiamo da € 588,00, poi togliamo questo e quello. Fanno € 180,00." Io e miei genitori ci siamo guardati negli occhi, indecisi se piangere, urlare, scappare....o tutte e tre le opzioni insieme. Mi sembrava di stare in un film dell’orrore, ma purtroppo non era ancora finita. Usciamo dalla stanza, con gli avvocati che commentano la pena, quasi soddisfatti (signori miei, lo sapevamo che non potevamo ottenere di più. Abbiamo fatto tutto il possibile, e in fin dei conti gli hanno dato più di tanti altri casi). Esce la P.M., si mette in un angolo e continua a sbuffare e a commentare con una donna l’ardire dell’avvocato nel proporre le sue tesi. Mia mamma si allontana piangendo. Dopo un po’ vado a vedere come sta. E’ seduta su di una sedia e piange, disperata, scuotendo la testa e ripetendo:"Non è giusto. Me l’hanno ammazzato un’altra volta. Scrivi a Prodi, al Presidente della Repubblica, loro devono sapere quello che ci hanno fatto!" Torniamo indietro per la lettura della sentenza e troviamo il mio avvocato che discute animatamente con la P.M. Veniamo chiamati per la sentenza. Mio padre si rifiuta di entrare. Mia mamma, povera mamma, nel tentativo ultimo di mantenere un filo di dignità, un ultimo barlume di "onore" che poco dopo verrà meschinamente calpestato, dice piangendo, a voce alta: " Io voglio entrare e voglio che mi guardino negli occhi quando leggeranno la sentenza!" La P.M. mette in scena l’ultimo atto della sua commedia tragicomica, e scuote la testa alzando gli occhi al cielo, facendo in modo che tutti quanti potessero vedere quel gesto plateale, un gesto che diceva: " Eccola, ma cosa vuole questa scocciatrice?" Non potevo credere ai miei occhi! Non so cosa mi abbia impedito di buttarmi addosso a quella vipera, prenderla per i capelli e obbligarla a guardare gli occhi arrossati di mia madre per poi sbatterla contro un muro e urlarle che aveva appena tolto a mia madre l’ultimo briciolo di dignità che le rimaneva, e che nessuno avrebbe mai giudicato LEI per quello che aveva appena fatto!. Siamo usciti, con gli occhi gonfi di lacrime e con il cuore a pezzi. La P.M. è uscita e si è subito dileguata. Poi è stata la volta del giudice (scritto con la lettera minuscola perché non merita neanche la maiuscola). Non ho resistito e mentre se ne andava senza neanche degnarci di uno sguardo, gli ho detto a voce alta (cosicchè sapesse chi stava parlando): " Ma non provate mai vergogna per quello che fate?". Apriti cielo!! L’illustrissimo giudice si volta di scatto e mi fulmina con lo sguardo. L’avvocato dei miei genitori si avvicina, mi chiude quasi la bocca, chiede al mio avvocato che mi faccia smettere: " La prego, dica alla sua assistita che smetta con questo atteggiamento. Lei non sa a cosa va incontro. Sa che la potrebbero arrestare?" E poi rivolto all’emerito giudice, quasi a simulare un inchino: " La perdoni signor giudice. La prego di non tener conto di quanto è stato detto". Perché ho voluto raccontare questa cosa? Perché con ogni probabiltà, VOI avete subito la stessa cosa. Perché se nel mio caso è stata la P.M. con la complicità del giudice, nel vostro caso può essere stato l’avvocato difensore dell’imputato, ma il risultato è sempre lo stesso: queste storie infami nessuno le racconta. Restano dentro di noi, e ci uccidono piano piano, ci tolgono la dignità, ci impediscono di vivere degnamente le nostre giornate. Se almeno tutte le angherie che subiamo ci rendessero più cattivi, troveremmo la forza di fare qualcosa. Ma purtroppo il dolore e la disperazione provocano in noi l’effetto contrario: restiamo senza parole, incapaci di ribellarci, e talvolta il dolore è così profondo che preferiamo fare del male a noi stessi che a coloro che questo male lo hanno provocato. A chi giova questo silenzio? A tutti quanti, meno che a noi. Sanno forse i nostri governanti quello che dobbiamo subire fuori e dentro le aule di tribunale? Hanno una vaga idea di come passiamo le nostre giornate? Sanno che i nostri genitori vanno avanti grazie agli psicofarmaci, o che poco dopo la morte del proprio figlio hanno avuto "inspiegabilmente" un infarto? Tra una trasmissione televisiva e un festino a base di cocaina, qualcuno ha informato i nostri politici nullafacenti che quei bastardi che ci hanno portato via figli e fratelli se la caveranno con qualche spicciolo e nulla più? No. Loro non sanno. Sono distanti anni luce dalla vita reale e da tutto il marcio che ci circonda. Noi perlopiù restiamo in silenzio. Di rado alziamo la testa per uno scatto di orgoglio e organizziamo qualche protesta sommessa o qualche lettera ai giornali. Allora LORO fingono un qualche interessamento alla faccenda e fanno un bel discorsetto, ipotizzano una piccola modifica, e ne parlano sui giornali come se avessero scoperto un vaccino contro il cancro. Ma solo per il tempo necessario a far calmare le acque, per aspettare che questa notizia scompaia dalle pagine dei quotidiani ......fino al prossimo morto. Allora si ricomincia tutto daccapo.... Voglio essere sincera con me stessa e con voi tutti: prima dell’udienza, credevo fermamente che fosse fondamentale attivarsi per la causa della prevenzione, perché "quando il fatto è compiuto, non c’è molto altro da fare, tanto nessuno ci ridarà nostro figlio/fratello/". Ma francamente adesso penso che questa frase serva solo per giustificare e nascodere a noi stessi una realtà inaccettabile: sia come singoli individui che come associazione, non abbiamo ancora trovato il sistema per far sì che ci ASCOLTINO. E se non troviamo al più presto una soluzione a questa situazione divenuta oramai intollerabile, abbiamo fallito in uno degli scopi fondamentali del nostro statuto. QUALE PREVENZIONE PUO’ ESSERCI DOVE NON C’E’ GIUSTIZIA? Quale pentimento può esserci dove non esiste la benchè minima espiazione della pena? Per quanto tempo continueremo ad accettare passivamente comportamenti disumani e sentenze inique, che con un rituale ormai automatico premiano l’assassino e umiliano il danneggiato? Ritengo che l’Associazione debba prendere delle posizioni al riguardo. Ci sono delle iniziative già in atto? In caso contrario, cosa potremmo fare per far sì che quei palloni gonfiati ci ascoltino? Abbiamo il preciso dovere di fare tutto ciò che è umanamente possibile per fermare questa situazione vergognosa, per noi stessi e per chi si affida a noi cercando conforto e aiuto. Vi sarò grata per ogni idea o proposta da poter attuare. D.C.
Avevo scelto il silenzio, ossia la strada che quasi tutti imboccano dopo aver assistito inermi alle sentenze inique della "nostra" giustizia.
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