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Giustizia per le Vittime della strada - da AIFVS onlus
Al Tribunale di Lecce pena patteggiata e sospesa per l'uccisione di Marco Presicce.
Il dott. Valerio Fracassi, presidente sez. distrettuale di Lecce dell'Associazione Nazionale Magistrati, ritiene ingiuste le considerazioni espresse dall'avv. Cesari e riportate dal Quotidiano di Lecce del 10 luglio 2008.
L'AIFVS replica rilevando l'inadeguata amministrazione della legge da parte dei magistrati nei casi che ci riguardano e chiede giustizia per le vittime.
Articoli stampa del 9 e 10 luglio 2008
Lacongruità della pena
11/07/08
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministro della Giustizia
Al Presidente del Tribunale di Lecce
Al Presidente del CSM
Al Presidente della sez. distrett. ANM dott. Valerio Fracassi
Alla Stampa
Oggetto: giustizia per le Vittime
Con vero sconcerto leggo sul Quotidiano di Puglia del 10/07/2008 la replica del presidente della sezione distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati, Valerio Fracassi, alle affermazioni dell’avv. Gianmarco Cesari, che nell’udienza per l’uccisione di Marco Presicce parlava non solo a nome della famiglia Presicce ma anche a nome dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada: un’Associazione diffusa con 106 sedi sul territorio nazionale e dal 2003 unica associazione di vittime della strada iscritta con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nel Registro Nazionale delle Associazioni di promozione sociale, e perciò legittimata alla tutela degli interessi sociali e collettivi concernenti le finalità generali perseguite dall’Associazione – “fermare la strage stradale e dare giustizia ai superstiti” –.
Il presidente Valerio Fracassi avrebbe, pertanto, dovuto prestare seria attenzione a quanto detto dal legale dell’AIFVS, anziché affermare che si è lasciato andare a considerazioni inadeguate.
Ciò che è inadeguato, invece, è proprio il modo con cui i magistrati amministrano la legge, permettendosi di sovvertire la stessa volontà del legislatore.
Infatti il potere discrezionale affidato ai giudici dalla legge (art. 132 c.p.) deve essere esercitato entro i parametri indicati dall’art. 133 del c.p. che li obbliga a valutare la gravità del danno, il grado della colpa ed il comportamento del reo prima, durante e dopo, al fine di applicare una “pena congrua”, (art. 444 c.p.p.), e che sia anche rieducativa (art. 27 Cost.), cioè finalizzata ad incrementare il senso di responsabilità in chi ha compiuto un reato. Ci chiediamo come possa essere rieducativa una pena non solo non espiata ma irrogata in modo “burocratico” e discriminante, cioè sbrigativo e di palese favore verso l’imputato, non tenendo conto né della finalità del processo, che è ricerca della verità e riaffermazione dello stato di diritto, nè dei parametri indicati dall’art. 133 c.p., il cui riferimento alla gravità del danno obbliga il giudice a tener conto della vita e della salute distrutte o danneggiate delle vittime e dei familiari. Ma, nei casi che ci riguardano, l’inadeguata amministrazione della giustizia ad opera dei magistrati non si ferma all’applicazione dell’art. 133 del c.p., bensì continua con l’applicazione dell’art. 589 del c.p. In tale articolo il legislatore ha previsto un minimo ed un massimo di pena per permettere certamente al magistrato di adeguarla alla gravità del reato, comprensiva – lo ripetiamo – del grado della colpa, della gravità del danno e del comportamento del reo. Tali elementi debbono essere valutati anche nel patteggiamento, per stabilire se esso possa essere concesso e se possa essere sospesa la pena e a quali condizioni. Ma i magistrati, nonostante il dettato della legge, hanno sempre preferito partire dal minimo edittale nell’applicazione della pena, con ciò annullando la possibilità di differenziare il grado della colpa, che in tal modo viene sempre considerata lieve, e sostituendosi così anche alla volontà del legislatore. Vorremmo sapere se il legislatore ha sbagliato nello stabilire un minimo ed un massimo di pena, o se ci sono delle disposizioni che obbligano i giudici ad utilizzare solo il minimo della pena ed a sospenderla sempre!
Al dott. Fracassi ed a tutte le autorità in indirizzo chiediamo, pertanto, che si ponga fine, per quanto ci riguarda, ad un’amministrazione della giustizia che, sottovalutando il reato ed il danno, delegittima se stessa, offende le vittime ed i familiari, diffonde nella società il messaggio che si può continuare a delinquere impunemente. Era questa la sollecitazione che il dott. Fracassi doveva cogliere nelle parole dell’avv. dell’AIFVS, anziché ergersi a difensore d’ufficio: una sollecitazione che obbliga ad un approfondimento culturale ed etico, a superare la supponenza di un sistema chiuso che, esercitato nel nome del popolo, non ne ascolta le ragioni. E qui siamo tutte le vittime ed i familiari, un esercito, che chiediamo di non trasformare la discrezionalità in arbitrio, di avere pari dignità processuale rispetto all’imputato, per non continuare a violare non solo i diritti delle vittime ma anche lo stesso articolo 3 della Costituzione, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. Smettiamola con la discriminazione e con la sottovalutazione del reato e del danno! È il punto di vista delle vittime, dal quale bisogna partire per migliorare la giustizia e la civiltà.
Commento n. 11 -
da sandra1977
il 27/08/2008 * 13:39
Mio fratello ha perso la vita 7 anni fa ed ancora non è stata fatta giustizia.
Abitiamo in provincia di Lecce.
Commento n. 12 -
da AIFVS il 11/11/2008 * 09:47
Uccisione Giovanni Rampinelli
Oggi l'udienza contro il pirata della strada Carlo Riefoli
11 novembre 2008
Costituzione di parte civile dell'AIFVS onlus a fianco dei familiari di Giovanni Rampinelli travolto e ucciso da Carlo Riefoli.
Giovanni Rampinelli, viaggiava a bordo della sua bicicletta sulla s.s. 494 vigevanese, e dopo il fatto Carlo Riefoli si è dato alla fuga abbandonando la vittima agonizzante senza aver prestato soccorso o allertato i soccorsi.Giovanni Rampinelli è stato trovato morto dissanguato dopo alcune ore.
Lo stesso Carlo Riefoli nel 2002 in un analogo incidente aveva travolto e ucciso un'altro ciclista e anche in quella occasione si era dato alla fuga
da il giornale.it
Per due volte pirata della strada ed è ancora in giro con la patente aiuto Pirata della strada a pieno titolo, non con uno, bensì con due morti sulla coscienza. Come se non fosse mai accaduto nulla. Perché il pirata si ritrova ancora con una patente in tasca e - soprattutto - la libertà di continuare a guidare senza aver saldato alcun conto con la giustizia.
Sembra paradossale, eppure nel nostro Paese vige un codice della strada in base al quale è più riprovevole guidare senza cinture o parlare al telefonino mentre si è al volante, piuttosto che investire e uccidere uno o più pedoni, per poi fuggire. Lo sa bene Carlo Riefoli, 43 anni autotrasportatore di Vigevano, che soltanto in tre anni sull’asfalto di vittime innocenti ne ha lasciate due, e senza pagare nessun conto salato con la giustizia, nonostante i ripetuti comportamenti più che discutibili.
Il primo episodio risale all’ottobre del 2002. Riefoli stava transitando nel territorio di Corbetta, comune lombardo in provincia di Milano, quando ad un certo punto gli passò davanti un pensionato, Angelo Maestroni, che stava tornando a casa a piedi. Lo investì con violenza, sbalzandolo lontano sull’asfalto, ma anziché fermarsi per aiutarlo, preferì darsi alla fuga. Il pover’uomo cessò di vivere poco dopo, mentre il pirata, grazie ad alcune testimonianze, venne rintracciato dalla Polizia Stradale di Magenta. Incriminato e processato per omicidio colposo di primo grado, oltre che per omissione di soccorso, in appello l’imputato se la cavò con quattro mesi di reclusione e con la sospensione della pena, come prevede la legge.
La condanna penale non fu l’unica sanzione. Gli venne altresì sospesa la patente, ma lui, nonostante il provvedimento restrittivo, continuò a girare sulle strade con il proprio mezzo per svolgere il lavoro di autotrasportatore. Così, si arriva al secondo episodio. Accade tutto una mattina di agosto del 2005, quando Riefoli sta percorrendo la strada statale Vigevanese. L’incidente, questa volta, avviene nei pressi del comune di Abbiategrasso.
Con il furgone infatti investì un altro pensionato del posto, Giovanni Rampinelli, appena uscito da casa in sella alla sua bicicletta. Sapendo di averla fatta grossa e temendo che questa volta avrebbe rischiato di più, l’autotrasportatore pensò bene di crearsi un alibi per scaricare le responsabilità relative all’incidente mortale.
Riefoli, infatti, decise di portare il mezzo di trasporto in aperta campagna, gli diede fuoco, poi si recò in caserma per denunciarne il furto. L’escamotage non riuscì comunque a salvarlo e venne smascherato dai carabinieri, che lo denunciarono ancora una volta per omicidio colposo e simulazione di reato. Dopo quest’ultimo episodio, la patente gli è stata revocata. Ma anche in questo caso, il pirata ha aggirato il problema. Perché nel frattempo Riefoli l’ha riconseguita e tuttora circola liberamente sulla strada. Dal punto di vista giudiziario attende invece che a metà novembre venga celebrato il processo a suo carico, quello relativo al secondo incidente mortale, che finirà quasi sicuramente con un patteggiamento di pena.
IO sono in procinto di aprire l'iter giudiziale con la prima udienza del giudice-ho perso la moglie -madre di due figli minorenni col 100/100 responsabilita' extracomunitario assicurato col minimo di legge. So gia' che portero' a casa 4 lire decurtate delle spese del legale,se vuoi, altrimenti si va avanti e porterai a casa meno.Cosi' va in Italia E poi dulcis in fundo..... chiedono a noi superstiti di provare il danno esistenziale,ma chi ha fatto questa regola era ubriaco?.
Ma uno che dalla sera alla mattina perde la moglie di 48 anni con due figli minori ha forse bisogno di dimostrare che la qualita' della sua vita e' cambiata?
Non aggiungo altro
Ciao a tutti
Saioro
Commento n. 14 -
da AIFVS_Verona
il 12/05/2009 * 18:35
SENTENZA STORICA DEL TRIBUNALE DI VERONA.
Il 15 marzo 2008 Imputato P. travolge 4 giovani e uccide Alberto Benato di 17 anni provocando lesioni gravi ad un altro giovane. Si rifuta di fare le analisi. Che vengono effettuate dopo 3 ore dall’incidente e risulta 2,23 g/l alcool. Oggi 13 maggio il giudice Laura Donati. Ha emesso la seguente condanna penale, di fronte a circa 70 persone tra amici e membri delle vittime della strada, che aspettavano nei corridoi 3 anni di reclusione. 4 anni di ritiro della patente. Ha ammesso la costituzione di parte civile delle vittime della strada liquidando un danno morale per la nostra associazione (e sottolineo che non c’è stato bisogno di portare nessuna fattura in tal senso) di 10 mila euro (diecimila) oltre alle spese legali per l’avvocato Franchi. La costituzione è stata ammessa senza il formale consenso da parte delle vittime della strada, precedente storico, unico a livello europeo. La nostra presenza di fatto ha aumentato la pena in modo considerevole, insieme al ritiro della patente. Qui a Verona un provvedimento così duro non si era mai visto anche se il colpevole era recidivo per la guida in stato di ebbrezza.
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