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Il Dolore e la protesta di una mamma - da Paolo il 18/09/2010 * 20:55


CORRIERE DEL VENETO (Treviso)

Se una vita vale solo 28 mesi «Una colpa punita col nulla»

Ubriaco l’uccise a 17 anni, il dolore della mamma.

Fojadelli: «Pena sconfortante»

PONZANO— Ventotto mesi di carcere e un anno di ritiro di patente possono risarcire una madre per la perdita di suo figlio? No, probabilmente nessuna condanna potrebbe farlo perché nessuna condanna riporterebbe in vita quel ragazzo. Ma a volte, una sentenza così rischia di amplificare un dolore già immenso. Ed è questo l’effetto che la sentenza emessa giovedì, ha avuto sui genitori e sul fratello di Marco Diacci, 17enne di Camalò investito e ucciso da un 43enne di Povegliano.

«Evidentemente la giustizia italiana non sa fare il suo dovere» commenta, senza rabbia e quasi rassegnata, Tiziana Graziotto dopo il patteggiamento dell’investitore di suo figlio Marco: «Non entro nel merito delle questioni giuridiche perché non sono un’esperta, ma da mamma penso che la persona che ha investito mio figlio, qualche giorno di carcere avrebbe dovuto farlo e soprattutto non dovevano ridargli mai più la patente per evitare che ciò che è successo a Marco succeda ancora. Mio figlio non ha colpe, l’automobilista, si è messo al volante avendo bevuto e lo ha investito provocandone la morte. Eppure, nonostante questo, non ha fatto e non farà un solo giorno di carcere. È sbagliato perché così passa il messaggio che è tutto lecito. Guidi avendo bevuto ed uccidi una persona, non importa tanto in carcere non vai e la patente te la restituiscono subito».

Il dolore per Tiziana, il marito Maurizio e il fratello 15enne di Marco è ancora fortissimo e non c’è spazio per capire chi sta dall’altra parte: «Quella persona - continua Tiziana -, non ci ha mai cercati, non ci ha mai chiesto perdono. Non so se l’avesse fatto come avremmo reagito, ma oggi, alla luce di questa sentenza, per noi va bene così».

La condanna a 28 mesi per l’investitore non fa discutere solo i familiari del 17enne, ma anche il capo della procura di Treviso Antonio Fojadelli: «Quando le norme giuridiche - spiega -, presenta un distacco così forte dal comune sentire significa che c’è qualcosa che non funziona più. La condanna è fra le più alte previste dalla legge ma, è inutile nasconderlo, è troppo poco per il sacrificio di una vita umana».

Fojadelli, che è anche presidente dell’Osservatorio sulla sicurezza stradale in Veneto, non ha dubbi: «Quando la colpa è così grave e ci sono aggravanti come la guida in stato di ebbrezza, nell’omicidio colposo deve essere previsto il dolo eventuale, perché si è consapevoli di quali danni si possono provocare. Chiunque è libero di farsi del male, ma non lo è di farlo agli altri e se lo fa è giusto che ne risponda concretamente. Poi, se mi chiede se basterà inasprire le pene per fermare questa strage di innocenti, mi sento di risponderle di no perché c’è un problema culturale di rispetto della vita e di ipervalutazione dell’io, in virtù del quale ognuno si sente di fare qualsiasi cosa senza preoccuparsi delle conseguenze».

 


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