21 anni di carcere per Ilir Beti
Le leggi esistenti non hanno impedito una condanna esemplare
Una condanna che punta i riflettori sulla cultura dei magistrati e riconferma il punto di vista dell’AIFVS: più che di leggi nuove, per quanto riguarda il crimine stradale, c’è bisogno di una cultura migliore negli operatori della giustizia, perché quest’ultima non venga delegittimata da decisioni superficiali ed arbitrarie, con ricadute negative sulla stessa civiltà: decisioni, per quanto ci riguarda e come indica anche il caso in questione, spesso frettolose e burocratizzate, frutto di un esercizio improprio del potere, dal quale la magistratura deve necessariamente uscire anche per la pressione esercitata dalla base sociale.
Proprio in questo caso, con la morte di quattro giovani francesi ed il ferimento di un quinto, il magistrato Sara Pozzetti aveva subito ritenuto di lasciare il colpevole in stato di libertà!!!
L’AIFVS, dopo aver diffuso la propria riprovazione per tale decisione inadeguata in rapporto al comportamento scriteriato del criminale stradale, non ha mancato di rimarcare come la magistratura sia stata costretta in seconda battuta a rimediare all’errore sotto la pressione dell’indignazione sociale, dando luogo alla carcerazione di Ilir Beti.
Infine una condanna esemplare di 21 anni, che indica ancora una volta ai magistrati la strada da seguire, già preceduta da altre significative condanne:15 anni e mezzo per l’uccisione di Rocco Trivigno, 14 anni in appello ad Alessandro Mega per l’uccisione di Roberta Caracci.
Ma non possiamo tacere di condanne addirittura al di sotto dei due anni, con la sospensione condizionale della pena, per casi egualmente gravi
Pertanto, pur non facendo di tutta l’erba un fascio, riscontriamo un uso incomprensibile della discrezionalità a cui bisogna porre fine: insistiamo sulla necessità di pene certe e congrue, sul miglioramento della formazione e della cultura dei magistrati, ed anche sull’invio degli Ispettori Ministeriali allorquando le sentenze registrino una forte dissonanza sociale.
Ma insistiamo anche sul miglioramento della formazione degli avvocati che, privi di una cultura vittimologica, tendono a sconsigliare ai familiari delle vittime la partecipazione dell’AIFVS al processo!
22/07/2012
Giuseppa Cassaniti Mastrojeni
Presidente AIFVS