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L’associazione familiari vittime della strada chiede di invertire rotta e di non minimizzare la responsabilità di chi uccide guidando
Merli: «Giudici, siate più severi»
L’appello
Pene adeguate alla gravità della colpa
 
 
 Pene minime per i pirati della strada. Processi che si trascinano per anni, e costringono ad un lunghissimo, e doloroso, calvario.
Il responsabile provinciale dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada Roberto Merli dice «basta». Intervenendo all’inaugurazione dell’anno giudiziario, chiede una definitiva inversione di rotta. «L’articolo 589 del codice penale prevede un minimo e un massimo di pena,che sia adeguata alla gravità della colpa - spiega -. Ci chiediamo perchè il legislatore abbia voluto che fosse così, e perchè i giudici tendano sempre a minimizzare la responsabilità di chi uccide sulla strada, diffondendo nella società il messaggio che si può delinquere impunemente».
Anche la giustizia - continua Merli - è chiamata a fare la sua parte per ridurre quei numeri agghiaccianti: 18 morti al giorno, quasi uno all’ora. Una giustizia che finora è sembrata «troppo sbilanciata a favore dell’imputato, e carente sul fronte della prevenzione e della riparazione del danno subito dalle vittime della strada».
L’associazione chiede dunque che ai soggetti offesi sia restituita «la giusta dignità in campo penale e civile». Il che significa evitare un iter troppo contorto, che «spesso li costringe a rivivere la loro storia lacerante, riscontrando peraltro che viene spesso trattata con superficialità».
«Le udienze civili o i procedimenti penali - continua Merli - vengono sempre affiancati a molte altre udienze nell’arco della stessa giornata per casi diversi. I familiari e le vittime, senza alcun rispetto della loro privacy e della loro sofferenza, sono così costretti a sopportare lunghe attese». E ancora. «Troppo spesso l’associazione riceve esposti per processi rinviati a date non ravvicinate, talvolta per errori di notifica o per la sostituzione dei magistrati: dover constatare che il magistrato apre l’udienza senza conoscere approfonditamente gli atti del processo, e per questo motivo la rinvia, provoca frustrazione e insicurezza».
Roberto Merli chiede allora di fare, per i familiari e le vittime, ciò che per legge è già possibile. «Evitare le udienze di mero rinvio e, in caso di necessità, rispettare i tempi previsti dall’articolo 81 del codice di procedura civile, con rinvii non superiori ai 15 giorni». Ma invita anche i magistrati ad utilizzare il potere discrezionale che è loro riconosciuto per tutelare le parti lese. «I giudici possono ridurre o enfatizzare le condizioni "premiali" per i colpevoli; dare la precedenza nella loro agenda ai casi di omicidio colposo; tener conto che il codice penale per questi casi prevede non solo un minimo, ma anche un massimo di pena; sostenere la dignità processuale e la riparazione sostanziale alle vittime, che non vuol dire risarcimenti economici che giungano dopo decenni».
Queste riflessioni - precisa Merli - non sono sintomo di sfiducia nella giustizia, ma proposte per una giustizia diversa. «La nostra associazione è convinta che un rapporto più umano con la magistratura costituisca un’esigenza imprescindibile per il nostro Paese, e necessaria per fermare questa strage infinita. E’ il nostro augurio per il prossimo anno giudiziario».
Natalia Danesi


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